sabato 14 aprile 2018

In punta di piedi

Scrivo queste parole in punta di piedi. il mio impegno “politico” prende la strada della candidatura al Consiglio Comunale. È una cosa piuttosto nuova e decisamente grande, per uno “piccolo” come me. Infatti non trovo i termini giusti per spiegare cosa sto provando, il senso di questa scelta, ma sento di doverci provare, fare un veloce tentativo con Nuvole Rapide, che da dieci anni ormai raccoglie i miei pensieri. Sorrido, tornando ai post di dieci anni fa: riflessioni di un giovane rappresentante di istituto, molto idealismo, manifestazioni, e poi accenni alla mia vita, sofferenze, storie d’amore, mia mamma. Un filo comune che lega tutto: Vicenza, il mio posto nella città.

La cosa bella, di questo mio abbraccio alla città, è che non userò più la prima persona singolare. Con me, in questa sfida, c’è Chiara. Sono fortunato, perché servono davvero gli occhi di una donna per guardare di una città i suoi “graffi, intagli e svirgole”, come in quelle Invisibili di Calvino. Chiara è una compagna speciale: insieme a lei condivido una stessa forma di servizio, idee di comunità, amicizia. E vogliamo provarci, immaginare una città da costruire in una lista che non sia una delle tante, proporci – per quello che potremo – in alternativa a certi istinti beceri che in Veneto fanno così breccia nelle persone. 

La sfida che solo accenno, in questi versi, mi affascina. È un servizio che siamo curiosi di provare. Nell'album di figurine dei miei miti di ragazzo, insieme a qualche calciatore, sono molti i pacchetti di personaggi storici, politici. Nei miei scaffali, dove dorme anche il gatto, trova spazio la Rivoluzione Francese (“una cosa giusta”), il “prendersi cura” di Don Milani, i Piccoli Maestri, che per me sono una faccenda dannatamente concreta, reale, una vicentinità che mi rende orgoglioso fino alla pelle d’oca, fino agli occhi lucidi.

C’è una fusione che mi dà gioia: la politica, la città, il metodo che uso nel mio lavoro e nel mio servizio, i miei amici. Sono felice del mio impegno in Vicenza Capoluogo, un’associazione che mi aiuta perché concepisce la politica come servizio basato sulla competenza, offrendo gli strumenti per crescere e per mettersi a disposizione con progettualità, a prescindere dalle dinamiche elettorali.

Mi definisco “piccolo” perché non riesco a slegare la politica dai miei sogni e dai miei studi, dalla musica, dalla montagna; non resisto alla tentazione di riscoprire quello che io e i miei compagni siamo stati dieci, quindici anni fa, ai tempi delle grandi marce in città: oggi vogliamo le stesse cose.

Ora, dopo la fase del "tutto va male, le forze scemano, che fatica trovare lavoro", c’è la voglia di esplorare territori nuovi, trovare il giusto linguaggio perché le persone si possano attivare. Ora, e non domani, sentiamo di potere ascoltare ma anche dire di giovani, educazione, partecipazione, ambiente. Sono felice di poter scrivere e ragionare a quattro mani, in punta di piedi, “pensando, seriamente, a chi altro possa interessarsi”, di queste sfide che dicono di noi, della nostra lista, della nostra  città. 


Lelio ed io avevamo una mezza idea di dover metterci noi due soli a fare i ribelli, contro gli estensori di manifesti: non avevamo pensato seriamente al problema di chi altro potesse interessarsi. Fummo presi in contropiede. Il mio paese era pieno di gente come noi. Era irriconoscibile, il mio paese: a ogni ora arrivavano soldati dai quattro cantoni dell’orizzonte, e tutti si cercavano, cercavano noi, volevano fare qualcosa, organizzarsi. […]

La sera, a Vicenza, giravamo per le strade in piccole pattuglie di amici, a tre a tre, e la gente si radunava, si contava; reduci e sbandati fraternizzavano coi nuovi renitenti; le famiglie incoraggiavano, i preti con qualche cautela davano il benestare. C’era un moto generale di rivolta, un no radicale, veramente spazientito. Ce l’avevano con la guerra, e implicitamente, contro il sistema che prima l’aveva voluta cominciare, e poi l’aveva grottescamente perduta per forfé. Dappertutto (almeno da noi, nel Vicentino) si sentiva muoversi la stessa corrente di sentimento collettivo; era l’esperienza di un vero moto popolare, ed era inebriante. Si avvertiva la strapotenza delle cose che partono dal basso, le cose spontanee; si provava il calore, la sicurezza di trovarsi immersi in questa onda della volontà generale. Ma guarda un po’, dicevamo con Lelio; vien fuori che c’è per davvero, la volontà popolare […][1]


[1] Piccoli Maestri, capitolo 3.

2 commenti:

  1. Che bello Giovanni percepire e raccogliere il tuo entusiasmo, la tua convinzione... sì, vale la pena rischiare e mettersi in gioco, con quella competenza che con impegno e "sacrificio" sempre sta maturando, senza il pensiero di essere gli unici o i migliori. Il tuo/vostro coraggio, nella semplice naturalezza di mettersi al servizio perchè così siamo cresciuti, attira e dà slancio a Vicenza e alle persone che la vivono con passione e amorevolezza. Buona strada a te e a Chiara.

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  2. Grazie Luisa per le tue belle parole! Iniezioni di vera fiducia

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