giovedì 25 aprile 2019

Fazzoletti rossi

La cerimonia in Piazza del 25 aprile è un appuntamento irrinunciabile. Ricordo il discorso di Franzina qualche anno fa: le transenne, la cerimonia, la banda, "tutto andrebbe aperto, svuotato di retorica, le persone vanno avvicinate". Ha ragione, ma resta comunque un momento importante. 

Negli anni molti oratori e politici si sono succeduti sul palco, in Piazza invece ritrovo gli amici di sempre. Quest’anno il leader del governo cittadino, provinciale, regionale e nazionale non festeggerà né parteciperà ad alcuna manifestazione perché “non sfila coi fazzoletti rossi”. 

Ha ragione Salvini ad associare i fazzoletti rossi alla libertà. D'altronde il rosso è il colore della libertà, della passione, delle rivoluzioni. Il rosso è nel nostro tricolore, quel tricolore presente in tutti gli emblemi delle diverse Brigate partigiane. L'operazione di Salvini è nota: trasformare i partigiani in delinquenti, equiparare torti e ragioni, derubricare il fascismo ad una fase storica come altre.

Al fazzoletto rosso associo queste parole di Camilla Ravera, donna forte e partigiana, comunista, prima senatrice a vita della Repubblica. Le ho ascoltate per la prima volta ad un corso di storia contemporanea in Francia. Ricordo perfettamente l’emozione mia e dei miei compagni – italiani e non - nel conoscere questi italiani (lontani da casa). Dal 1930 Camilla Ravera è in carcere, in regime duro di segregazione totale, non può parlare con nessuno ("mi sforzavo di resistere. Mi mancavano i libri, la possibilità di pensare e far funzionare la mente"). Un giorno riceve in regalo proprio un fazzoletto rosso..


La suora mi disse che al suonare della campane dovevo guardare fuori dalla finestra. Piccola come sono sempre stata e consumata allora dall’inedia, pensai che mi sarebbe stato impossibile riuscire ad aggrapparmi alle inferriate di quella finestrella posta lì in alto sulla parete. 
Presi lo sgabello e ci sistemai tutti i libri che avevo in cella. Vi salii sopra e attesi guardando il cielo e il noce di cui, dal mio letto, ero riuscita fino ad allora a vedere solo le chiome. 


Ad un tratto notai degli uomini sul cornicione del campanile: cauti e attenti, guardavano verso il carcere. Si sistemarono lì. Poi cominciarono ad agitare le braccia ed uno di loro tirò fuori dalla tasca un fazzoletto rosso che sventolò nel cielo per pochi attimi.
Che gioia immensa provai! 
Con una mano mi aggrappai con forza alle sbarre e spinsi l’altra più in alto che potevo, nella speranza che intravedessero le mie dita che agitavo in segno di saluto. E di felicità! Sì, perché la sensazione che sentii in quegli attimi fu felicità […] 
Quando uscii cercai di sapere chi fossero quei tre uomini del campanile, ma nessuno seppe dirmi nulla al proposito. Sono rimasti tre sconosciuti, senza nome né età.*





*(tratto da Lezioni recitabili, Leonardo Casalino, Edizioni SEB27)