mercoledì 5 marzo 2014

D'amore


Lui risponde confuso per l’alcool e per l’imbarazzo che no, non è serata, non è momento. Mente: non lo è mai, crede che non lo sarà mai. È un tasto troppo delicato a cui dare suono, voce. È un tasto solo suo e molto ben nascosto, anche a lui. Nascosto bene perché ne è geloso, perché ne ha paura. Perché è tutto. Perché È. Alcune cose sono solo sue, cose tout à fait evidenti: lui è un ragazzo timido, lui ha paura ( - ma come tutti). 
È soprattutto troppo idealista: lo dice al bar, pensandolo veramente. 
Lo dice in francese, la migliore conversazione da lungo tempo.

Questa è una sera di inverno che suona di nuovo ed è colorata –tutta– di estate. Lucia scrive solo: «luna», non aggiunge altro. È uno spicchio sorridente infatti, se la ride, del tutto identica a una bocca. Insieme a L e a tutte le persone migliori della sua vita, lui sale fino in cima al Monte Berico. È caldo, è una bella serata, dove potere star bene e profumarsi di cose positive, nonostante le ceneri, la chiesa, le parole. Alcune facce sono proprio nuove, nuove e bellissime. Gli sembra di conoscerle da una vita, come quelle con cui è salito. C’è elettricità un po’ dappertutto, tra fazzoletti di colori diversi. È l’immagine di ogni suo film –quella più bella. Vorrebbe restare in quella basilica sempre e guardare e riguardare.

Ogni altra cosa è pallida e lontana imitazione, non ne vuole sapere. Vuole quello, vuole quel momento lì, quello e non altra felicità, non altra persona. Non può avere successo nella realtà. Lo sa bene, ma ancora aspetta lei. Non scappa, non si compatisce, non pretende: le immagini che osserva nella basilica sono molto reali,  quasi reali quanto la bellezza di lei, che pure rivede di lì a poco.
Eccola! È lei, bellissima. È bella, bella de toute facon: 
il ragazzo non può innamorarsi. Come può si chiede sempre.
Lo è già…



Luna.

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