lunedì 23 settembre 2013

9cento

Non ero mai arrivato a Parigi con un treno e da solo. Penso a quanta fortuna bisogna avere per poterci arrivare, in città così grandi e profonde, in treno e da soli. Non ho alcuna urgenza, nessuna tabella: mi ritrovo a passeggiare con il mio amico senza preoccupazioni, senza donne e senza mappe.
Così ci incontriamo a Parigi e a ripensarci sembra di essere finiti dentro a uno di quei film dove succedono cose molte belle, ma dopo qualche tempo. C’è luce a Parigi, un gran sole di fine estate che già preannuncia l’autunno, un arancione che renderebbe meravigliosa anche la città più becera. Camminiamo lentamente e par hazard lungo i boulevard, ci sentiamo molto a nostro agio, con noi stessi, con la città. Ci fa ridere pensare che i nostri percorsi siano così simili e così opposti, che proprio ora ci diamo il cambio fra la grande Francia e la nostra piccola città che tanto amiamo: notre ville. Siamo felici. A Lollo piace l’idea di tornare a casa esattamente quanto lo rattrista lasciare Parigi, mi chiede se sono contento, perché sto per tornare a Grenoble.
Sono felice, e lo sai. Vorrei scriverci qualche parola e scattare qualche foto ma ancora non mi riesce, non metto a fuoco, non trovo le parole giuste: succede con le cose importanti, si arriva piano, lenti, ma si arriva. Gli dico: sono sollevato, sereno come non mai.
A lui non basta questa risposta, per lui tutto è un po’ bianco un pò nero e odia sviare: forse stavolta ha anche ragione. Mi chiede se riuscirei a vivere a Parigi. Questa domanda è più facile, perché la risposta è no: farei fatica a costruire qualcosa di mio, intimamente mio, a ricordare le cose, le facce, conoscere e amare un pò di tutto.

Ma sul serio, non hai mai letto Novecento? 

Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita... Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n'è a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una, a scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo, quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla?

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