Le prime piogge di fine settimana lavano i residui dell'estate e ogni foglia d'erba, ogni ramoscello ha la sua perla. I cervi, i caprioli, immobili dentro il bosco, godono della pioggia che li lava e li libera dai fastidi degli insetti alati. Anche per noi è bello e liberatorio andare con stivali e mantellina impermeabile tra la pioggia, vagabondare senza prefissare una meta e incontrare con reciproca sorpresa uno scoiattolo che ti fissa da un ramo, o gli occhi di un pettirosso immobile dentro un cespuglio di rose canine carico di bacche rosse.
I tuoi passi si confondono con il rumore delle gocce che cadono sugli alberi e poi nel sottobosco con rumore più forte; con questo tempo diventa più probabile avvicinare e sorprendere quegli animali che con l'uomo hanno poca dimestichezza o che per esperienza lo temono.
Tante cose nel corso delle stagioni la natura può insegnare a chi osserva; ma è nell'autunno che il bosco si fa leggere con chiarezza: lo sviluppo delle crescite annuali degli alberi, la maturazione dei frutti e delle drupe nel sottobosco e, magari, le brutte tracce del passaggio degli uomini incivili.
Tra i modi possibili di cacciare, questo d'autunno - con la pioggia e con un cane in luoghi che ben conosci, con un fucile che senti tua continuazione, e l'ora della stagione, e i ricordi che ti accompagnano - ti fa intensamente partecipare a un mondo che senti esclusivamente tuo, che ti aiuta a capire le stagioni della tua vita che nessuno mai potrà rubarti.
Con le piogge dell'autunno arrivava anche la noia della domenica pomeridiana; non si poteva giocare sulla strada e nemmeno sui prati, o lungo il torrente che diventava giallo e impetuoso. Non sempre, poi, si avevano quei cinquanta centesimi di lira per pagare l'ingresso al cinema parrocchiale dove davano i film di Tom Mix.
Lassù, dove ora ci sono spazio e silenzio e non turisti, non sciatori, non greggi; solo qualche cacciatore armato di cannocchiale e binocolo, arrivato camminando ancora prima dell'alba, che sta immobile ad osservare i camosci per studiarli, capire, considerare prima di decidere a chi deve indirizzare la sua mira. Con le prime nevicate di fine autunno i camosci lasciano i campi dell'amore per discendere verso i boschi sottostanti dove sarà più facile superare l'inverno.
Al mattino gli stagni degli abbeveratoi sono velati dal ghiaccio e nelle zone in ombra la brina giorno dopo giorno aumenta la sua consistenza. Uno sparo lontano ti farà ricordare che il tempo della caccia sta per finire [...] ti accorgi anche di altri suoni: un sommesso e flautato zufolare di ciuffolotti confidenti sugli apici del bosco, la voce di un pettirosso dentro un cespuglio di rosa canina, un corvo imperiale solitario che vola alto e richiama la compagna che era rimasta indietro, la corsa di un capriolo e un suono di campane che il bel tempo ti porta da ponente.
Così una dolce malinconia ti prende, la melanconia dell'autunno, e sotto un larice, all'asciutto, cerchi anche tu un luogo dove accucciarti per meditare delle stagioni della tua vita e sull'esistenza che corre via con i ricordi che diventano preghiera di ringraziamento per la vita che hai avuto e per i doni che la natura ti elargisce. Una mattina di dicembre vedrai il cielo uniformemente grigio, le montagne dietro le nuvole, i boschi più scuri e, da una castagna di legna, schizzar via lo scricciolo.
Il suo campanellino d'argento ti dirà prossima la prima neve.
Autunno, da "Stagioni", Mario Rigoni Stern
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