Questa è una lettera che ho in testa già da un pò.
La cosa che mi fa ridere è che non so a chi mandarla, di specifico. Ma non è vero dai, perchè in realtà lo so. E sempre in realtà penso di avere troppa paura (paura quella buona però, quella delle bugie che racconti a volte, a fin di bene,) per ammettere che i miei destinatari hanno delle facce - importanti -
intime veramente, intimissime.
La mia amica P. mi sgrida perchè non ho mai mandato lettere per posta prima d'ora.
P., è vero, non sono proprio capace. Anche questa, non ha titolo, nè destinatario, nè oggetto.
Rimango convinto che certe cose sia sbagliato scriverle, non è giusto per l'importanza di quella cosa in sè, di quel pensiero che vive di quel momento lí, però, cazzo! Io lo scrivo lo stesso. Studiare le parole, combinarle un minimo fra loro e vedere cosa ne nasce, è (un pò) il mio lavoro. Solo un pò, ma è vero, e ne sono orgoglioso.
Ho deciso di dirti, di dirvi, che tocca a me! Sí sí, lo giuro- ho preso il biglietto -e ho aspettato il mio numero davanti al bancone. Ho preso il biglietto con calma, non ho barato, solo che, mentre cercavo dov'era nascosta la macchina che distribuisce i biglietti per la fila, lí i clienti abituali, che già conoscevano come funziona, mi sono passati davanti. E vabbè pazienza, alla fine eccomi qua, col biglietto in mano.
Mi viene anche forte da dirti che mi dispiace. Perchè quando lo dici a qualcuno poi quell'altro si sente obbligato anche lui a dirtelo, non è vero? Ecco, è bello quando te lo dicono. *provare gratitudine senza ricordarsi di che
Senti, il punto è che mi dispiace veramente, ma lí al mercato non ti vedo. Eppure vorrei cosi tanto vedervi- cappellino verde con lupo giallo, sciarpa bianca e rossa, spriz arancione fortissimo come la mia nuova camera: i miei colori e le mie cose. E invece no, penso solo e in continuazione all'ordinazione da fare, che di solito ti viene detta da casa, ma che poi la dimentichi, e cerchi di prendere qualcosa di simile.
Oppure è una cosa diversa, proprio
un pò di tè