Suona la campanella ma ancora non è arrivata quella strana e potente sensazione: nervi che si distendono, voglia di tuffarsi in acqua, magari in Pria, ordinare la camera archiviando libri e fogli che non mi serviranno più: partire. Sono ancora troppo concentrato su esami, valutazioni, quella burocrazia che soffro del mio lavoro di insegnante. Manca poco alla fine della specializzazione, sono gli ultimi elaborati di una formazione che non finisce mai, ma nella quale credo e investo.
Quindi è strana la sensazione di assistere a questo fine anno scolastico, osservo come da fuori questo giugno che coincide con la fine del coprifuoco. Rivedo alcuni visi sacrificati in questo anno di pandemia e studio-lavoro, Meneghello direbbe “volti noti, cose del paese”. Tornare a Costigiola, a Palazzo Trissino, dentro la sua corte senza più Romeo, Carletto, Piazzetta Gioia. Lo strano clima di festa di quando gioca la nazionale.
“Tutto quello che abbiamo qui è movimentato, vivido, forse perché le distanze sono piccole e fisse come in un teatro". Mi concedo un poco alla volta di riagganciare i contatti, ritrovare amici "nei porti per un brindisi" e come mi assale un senso di colpa, fra il Covid che è ancora un'ombra potente e consegne per l’Università: mi sembra di fare qualcosa di sbagliato. È un po' come come tornare da un viaggio molto lungo e dovere riabituarsi alle cose e alla persone, Vicenza e i suoi posti, casa mia.
Come ho già avuto modo di brontolare altrove, quanta fatica quest’anno. Io sono così: mi lamento, come dicono i miei amici del calcio, “faccio la piagnina”, poi rielaboro, ne provo anche nostalgia. Fatica dicevo, parola non negativa di per sé. Ho imparato sul campo e essere "professore" di italiano e storia, un lavoro che nessuno ti insegna, che impari con l'esperienza e sbagliando. Fatica la DDI, escogitare i metodi, gli strumenti per agganciare i ragazzi. E fatica lo scotto di essere 'i giovani", i precari della scuola: si sente e si paga troppo, soprattutto ne paga il motore di tutto, i ragazzi. .
Speriamo bene! Spero che le mie valutazioni siano davvero “formative” e non sommative. Spero di aver visto le persone, al di là dei numeri, e che tutti possano ricaricare le pile: niente compiti per le vacanze, per me. Molto banalmente suggerisco di fare quello che non si è potuto fare: pasti in compagnia, passeggiate, nuotare, cinema e concerti. Ma questi sono i miei progetti. Piena libertà ai ragazzi: autogestione.
Speranza poi che quello che studio all'università, specializzandomi, sia anche in minima parte attuabile in una scuola del futuro davvero inclusiva e cooperativa, senza mascherine e con la relazione, la fiducia, il dialogo al centro di tutto. Non sempre questo ho trovato quest'anno, forse anche per colpa mia.