mercoledì 10 aprile 2013

Ehi Pà


Una mia amica scrive che un po’ le secca perdere. Ho letto quanto scrive col sorriso. il mio primo pensiero è stato di scrivere questo pezzo. C’entra poco con le sue beghe, e meglio così, ma la ringrazio, perché mi ha ricordato che ci sono abbonato, a quelli che perdono. Non è poi così brutto perdere: in generale ha una sua dolcezza, tutta sua.

Con mio papà ho pochi momenti e pochi argomenti di cui parlare: uno di questi, fin da quando ricordo, è il Vicenza. Quando ci vediamo, un po’ per sciogliere l’imbarazzo un po’ per abitudine, la prima frase, il nostro “buonasera”, è: -“Hai visto il goal?”- “Come si è giocato?”-. Sono frasi di sempre, di una vita. Strano, per noi.

Dopo l’ultima partita non ce lo siamo detti. Non ci siamo nemmeno detti “che brutto, che triste”: non ci siamo detti niente. Facciamo così entrambi, credo, con le cose brutte. Ci siamo guardati e abbiamo scelto di non dirlo: è brutto vedere cadere la squadra. Perché la vediamo giocare fin da bambini entrambi: amichevoli, coppe e campionato: e quasi sempre partite improponibili. Ma sempre ce la fa,il Vicenza.




Quando ho imparato ad andare allo stadio ci andavo con lo zio e con il Papà ed era bello, bellissimo. Eravamo forti e vincevamo: eravamo felici. Però non si può avere fortuna per sempre. Siamo diventati fragili e abituati a perdere. Lui non ha più voluto andare, io sì, lo stesso, anche se sapevo che vincevamo poco, che avremmo vinto poco.

Quest’anno siamo retrocessi. Perché abbiamo perso le partite, e molte più del solito, quasi tutte. E le regole dicono: si retrocede. Mi piaceva la categoria che giocavamo: appena sotto la Serie Massima, cioè il sogno di ogni calciatore, e ogni tifoso di calciatori. Una categoria dove si gioca male al calcio, ma appunto per questo: tutti possono sperare di arrivare lì, a un passo dal fare il Grande Salto.

C’è tanto schifo in questo sport, poca poesia, e spesso anche poco sport. Ma io ci trovo cose grandi. Studio a scuola secoli di storia e di letterature dove tutti leggevano e parlavano solo di tornei e di guerre fra cavalieri. Intere generazioni di uomini pazzi e ubriachi di lotte fra genti in arme, come siamo noi ora drogati del calcio: tutti potevano mettersi alla prova con una stessa cosa, o almeno raccontarsela, cantare di uno stesso gioco, ma per una propria parte.
 Peccato. Peccato che il Vicenza sia retrocesso: tifare una squadra, soprattutto se di provincia, è cosa bella e un pò poetica. Ne ho viste tante di maglie di calcio, ma quella a strisce bianche e rosse, senza dubbio, è la più bella. È una combinazione di colori perfetta: dà una luce unica ai calciatori quando il prato è bello verde, specialmente contro maglie dal colore scuro.

Non sono triste, succede di peggio nel mondo, sui giornali, per strada, ma dico solo: peccato. Perché al meteo han detto che d’ora in poi ci sarà una gran bella primavera, proprio calda. La stagione migliore per vedere le partite, per prendersi lo spritz prima dello stadio. Ed è un gran peccato che la nostra squadra sia retrocessa, andare allo stadio con quest’aria bella e sapere che non possiamo più farcela, così presto. Ma io ci vado lo stesso ho deciso, e i miei amici anche. Non siamo ultrà: la verità è che noi le vogliamo bene, alla squadra, proprio bene.

Andiamo allo stadio che poi magari ci tirano la maglia, i giocatori, prima di cambiare squadra. E noi che restiamo a vedere la squadra ancora, e ancora, magari ce la teniamo pure, la maglietta, che l’anno prossimo sarà senza i nomi. 

2 commenti:

  1. qui segni, come le fondamenta di una biblioteca di problemi risolti, libri che cadono scaffali in disordine persone che passano, regalano un libro. a volte ritornano rubano scappano, fanno l'amore sugli scaffali
    terremotati già sconfitti ma ancora vivi

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