Fra le cose “nuove” di questo Natale a Vicenza, è stato simpatico trovare una cassetta per le lettere a Babbo Natale nella corte di Palazzo Trissino, il luogo dove lavoro. È una corte che si è aperta questo Natale, con un albero colorato, senza le auto, con delle panchine per fermarsi a parlare e la possibilità di entrare da Contrà Cavour, che fa uno strano effetto, perché di solito è sempre chiuso.
Nelle loro letterine, i bambini e le bambine hanno fatto una serie di richieste: walkie talkie, maglione con le renne, un astuccio con le orecchie da gatto, una chitarra, i mattoncini per le costruzioni, un libro di Natale.. ma anche domande, “quanti bambini ci sono nel mondo?” Che a pensarci bene è una bella domanda. Sono meno di 800 quelli che nascono a Vicenza in un anno.
Ovviamente c’è chi ha chiesto un “Natale in famiglia”.
Dopo settimane di tanto (troppo) dibattito su cosa sia più tradizione, cosa meno, è arrivato il tempo che ognuno può dedicare a sé e agli altri, riservando una dose di maggior riguardo a gesti di affetto e cortesia; curando rituali e luoghi che di solito scorrono veloci, persino scontati, da non prestarci troppa attenzione, come una porta laterale o un’altra via.
Abbiamo cercato di mettere il bambino e la bambina al centro, nell’attenzione data allo 06 in quest’anno nel quale molto è stato fatto per la prima infanzia e i servizi educativi, linea che sta impegnando il mio mandato. Scuola, pace, partecipazione: sono materie che abbisognano di tempo, relazioni e pazienza.
Per queste feste ho scelto una canzone, visto che usciamo da concerti natalizi, recite, jingles e videomapping.
Fairytale of New York. Un grande classico natalizio dei Pogues. Anno 1987, più vecchia di me, cantata da Shane MacGowan che è scomparso poco tempo fa. Chi mi conosce mi prenderà in giro su questa scelta, sono fin troppo affezionato ai Pogues, alla cultura irlandese, alle storie di emigrazione, ai Modena e altre cose decisamente passate di moda.
C'è il contrasto tra le due voci della canzone, lui sbiascicante e rauco, e Kirsty MacColl dolce e soave, e poi una storia non troppo allegra nonostante il motivetto. Racconta di un ubriacone irlandese che la vigilia di Natale è sbattuto in cella. Ricorda con amarezza il primo Natale a New York che aveva trascorso con la sua fidanzata, i sogni e le speranze e il fallimento della loro esistenza, la droga e l’alcol.
Il sogno finisce a metà canzone in una violenta litigata con pesanti e censurabili insulti e forse la separazione (ma non lo sappiamo: finale aperto!). Due immagini contraddittorie nella stessa cornice notturna, la coppia innamorata che balla per le strade sotto la neve mentre le campane suonano a festa per annunciare il 25 dicembre e il disincanto, la violenza dietro gli addobbi e le lucine.
Il desiderio di credere ancora alle favole!
Natale che è occasione di pace di riposo, ci ricorda anche le contraddizioni, un mondo in guerra, l’individualismo, la corsa al riarmo, l’indifferenza che uccide e lascia uccidere, con guerre di ogni genere, in particolare nella terra dove nasce Gesù, dove a essere colpiti sono bambini, donne, malati e anziani. Una letterina anche per loro, e l'impegno ostinato a coltivare una società fraterna a partire dalla nostra comunità.
Buon Natale!